02 febbraio 2006

Il manuale del soldato propagandista

Nel confuso terreno di battaglia politico-propagandistico in cui si sta trasformando il combinato mediatico di Internet e dell'informazione radiotelevisiva rivolta verso un pubblico internazionale, assumono sempre maggiore importanza le azioni coordinate o esplicitamente dirette dai militari. Un documento segreto del pentagono oggi reso pubblico da una associazione no profit americana, la National Security Archive, descrive, nel 2003, le linee guida da adottare nella condotta della guerriglia psicologica, o psyop, psychological operations. E' un riconoscimento del ruolo dell'informazione, e della disinformazione, per il successo delle imprese militari. Niente di nuovo, da questo punto di vista. La novità è semmai rappresentata dallo scenario "convergente" in cui i militari cercano di inquadrare le loro iniziative. Uno scenario, si legge nel documento controfirmato di proprio pugno da Donald Rumsfeld, in cui è impossibile fare in modo che una informazione destinata a un pubblico non americano, venga invece letta e amplificata dai media interni. E viceversa. E' molto interessante andarsi a leggere i commenti riportati sul sito che Kim Andrew Elliott, uno specialista che analizza i target di riferimento dell'International Broadcasting Bureau (l'agenzia Usa che gestisce la Voice of America e molte altre attività giornalistiche e propagandistiche), dedica al fenomeno dell'emittenza internazionale intrecciato con quello della diplomazia pubblica, le relazioni tra governi e governati. Un commentatore della BBC evince dal documento - prelevabile da un sito della George Washington University, sede del National Security Archive l'intenzione, da parte del Pentagono, di combattere la guerra dell'informazione anche su mezzi come Internet e senza troppi complimenti e regole di trasparenza. L'interpretazione del NSA è che in base a quella che viene definita la roadmap della propaganda di Rumsfeld le azioni di guerriglia psicologica devono rispettare i limiti della distinzione tra audience interna ed esterna, ma nel momento in cui sono rivolte a quella esterna devono avere completamente mano libera. Una tesi, scrive l'Associated Press, fermamente respinta da Larry Di Rita, consigliere di Rumsfeld. Recentemente, dice anche l'agenzia, il Pentagono è stato accusato di aver usato soldi pubblici per disseminare sui giornali iraqeni notizie confezionate ad arte sullo stato di avanzamento del percorso di democratizzazione dell'Iraq. I soldi dei contribuenti americani vengono spesi anche per stazioni radio, televisioni e perfino per navi e aerei che diffondono notizie e musica nei teatri di intervento. Un caso curioso? La radio denominata Coalition Maritime Forces One che dal 2004 trasmette dal Bahrain, sede del Maritime Liaison Office (per gli amici Marlo) delle forze della coalizione in Iraq. CMF1 viene segnalata occasionalmente in Europa al pomeriggio su 9133 kHz in USB e trasmette musica e informazioni sulle azioni di pirati e terroristi nel Golfo Persico, oltre agli appelli alla cooperazione con l'iniziativa Rewards For Justice , che ricompensa le informazioni utili alla cattura dei capi del terrorismo nell'ambito della Global War on Terror. Giustamente media e analisti americani si chiedono se tali spese, gestite da una amministrazione votata dal pubblico, sono giustificate, o addirittura etiche. E' un bell'esempio di controllo democratico che i neo-cons di casa nostra farebbero bene a studiare.

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