09 aprile 2006

Voci intransigenti

Bella la corrispondenza da Berlino di Andrea Tarquini, che su Repubblica di sabato racconta del braccio di ferro tra il nuovo Vaticano "tedesco" di Papa Ratzinger e l'integralismo cattolico polacco rappresentato dalle trasmissioni di Radio Maryja (in polacco si pronuncia con l'accento sulla prima "a", perché tutte le parole polacche sono piane, hanno l'accento sulla penultima sillaba). L'articolo si può leggere sul sito del quotidiano ma l'edizione cartacea ha anche una lunga intervista con l'ottantacinquenne Marek Edelman, unico sopravvissuto tra i capi "militari" della rivolta del ghetto di Varsavia (di cui il 19 aprile ricorre l'anniversario). Edelman e la diplomazia vaticana se la prendono in modo esplicito con le teorie antisemite che l'emittente - diretta da Tadeusz Rydzyk, che il settimanale Wprost definisce il Richelieu polacco - non si perita di diffondere attraverso le sue frequenze. Il primate Rydzyk, "preconciliare", come lo chiama Tarquini, è molto bravo a interpretare i sentimenti profondi, di totale chiusura, che caratterizza un certo cattolicesimo polacco, spesso di origine contadina, ancestrale. Ed è molto bravo a mettere tutta la sua influenza mediatica, inclusa quella della stazione televisiva Tv Trwam sulle scelte politiche, antieuropee e in questo momento molto antitedesche, della Polonia di oggi. Edelman, che è stato parlamentare a Varsavia e ha contribuito di persona ai movimenti sindacali che sono stati la prima scintilla del crollo dell'impero sovietico, alla domanda sul "rischio" antisemita, afferma che quello polacco è un antisemitismo in una nazione dove gli ebrei non vivono praticamente più. «Il pericolo,» dice, «è dire "un paese, un popolo, una guida".» Una posizione oltranzista che i polacchi entrati in Europa dovrebbero evitare. E che assomiglia in modo preoccupante a certe invettive contro la laicità e il "relativismo" che allignano negli infervorati discorsi di tanti teo-con di nostra conoscenza.

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