27 maggio 2006

La radio impara a leggere, scrivere e disegnare


A volte ci si dimentica delle vere origini della radio, che sono dopotutto telegrafiche. Con l'invenzione della radiofonia vera e propria, le strade della radio che conosciamo tutti e del telegrafo si separano e mentre la prima si evolve con una certa tranquillità, giungendo solo recentemente alle meraviglie delle modulazioni digitali, il secondo ha una vita molto più movimentata. La radio che scrive e "si vede" interessa un pubblico molto ristretto, fatto di addetti ai lavori in campo civile e militare e di radioamatori amanti della sperimentazione. E' una radio che accantonata, o quasi, la manualità del codice Morse, ha cominciato presto a servirsi del computer per trasmettere e ricevere.
Il primo successore del telegrafo di Samuel Morse arriva circa trent'anni prima dell'invenzione di Marconi, verso il 1870. E' lo stock ticker di Edison e Calahan, un telegrafo capace di scrivere le quotazioni di borsa (se volete ordinarne una replica moderna, gestibile col computer andate sul sito di Stocktickercompany.com). Da questa idea e dagli studi di molti inventori, da Baudot a Krum, scaturisce quella della telescrivente, il terminale del telex via cavo, rimasto in funzione fino agli anni ottanta. Nel frattempo i collegamenti via filo erano già stati rimpiazzati, in molti casi, dalle onde radio grazie ai segnali modulati in modo alternativo alle classiche tecniche radiofoniche. Nelle radiotelescriventi (RTTY) classiche le lettere dell'alfabeto (International Telegraph Alphabet 2 o ITA2) si basano su un codice di cinque cifre binarie più qualche sequenza di controllo per la trasmissione delle cifre o delle maiuscole. Le due cifre binarie, lo zero e l'uno, vengono trasmessi via radio assegnando a ciascuna delle due un tono di frequenza leggermente diversa (chiamate, nel gergo telegrafico, mark e space). In pratica la trasmissione, detta Frequency Shift Keying, è assimilabile a una combinazione tra la modulazione di ampiezza e quella di frequenza, mescolando due segnali modulati con le due frequenze del mark e dello shift. Ricevere questi segnali comporta l'uso di un discriminatore di prodotto, perché il semplice discriminatore di inviluppo dei segnali AM non riuscirebbe a rivelare le due frequenze. Una volta ottenute le due note binarie occorre però ricostruire i simboli codificati e questa funzione, un tempo svolta dai modem e sistemi elettromeccanici dedicati, oggi viene affidata al computer e al DSP, bravissimi nell'estrarre e mettere gli 0 e 1 in sequenza, individuando le stringhe corrispondenti ai simboli alfanumerici.
Nel corso del tempo, in un arco di circa trent'anni, alla telescrivente convenzionale si sono aggiunte diverse tecniche di modulazione e di trasmissione di dati alfanumerici, molti dei quali vengono oggi utilizzati dai radioamatori e in ambito utilitario. Ai modi tipicamente digitali, basati cioè sull'uso di cifre binarie (di volta in volta codificate con modulazioni di frequenza, fase e quant'altro), si affiancano alcune varianti che propriamente digitali non sono, come il radiofax o, in ambito radioamatoriale, le tecniche di radiotelegrafia "visuale" che non possono essere definite analogiche perché basate si livelli di codifica discreti, ma neppure binari perché non i livelli discreti in gioco sono più di due. C'è chi parla di tecniche di trasmissione "fuzzy", richiamandosi alla "fuzzy logic" (logiche non binarie). Eccezionale, al proposito, è la documentazione raccolta sul sito di Murray Greenman. Non mancano neppure, tra i radioamatori, le tecniche di trasmissione di immagini a scansione lenta (SSTV) sulle HF, che sono una forma di televisione a bassa occupazione di spettro e ridotto numero di quadri per secondo.
Una utilissima raccolta di programmi, quasi sempre freeware, per la decodifica dei modi in uso presso la comunità Ham Radio si trova in questo sito dell'olandese Ko Versteeg. In due sezioni, Software Visual Modes e Software Digital Modes, Ko raccoglie decine di link al software necessario per decodificare una varietà di sistemi radiotelegrafici, digitali, fuzzy, fax e pseudo-televisivi. Tra i più famosi di questi software potremmo citare MIXW, capace di interpretare una vasta quantità di sistemi, dal semplice (ma ancora piuttosto diffuso) RTTY ITA2, alle codifiche inventate in questi ultimi anni. Una doverosa menzione speciale va al software Hellschreiber, sviluppato da un radioamatore italiano, Nino Porcino. Molto ben spiegato da Greenman, Hellschreiber è un modo trasmissivo che permette di visualizzare a distanza strisce a scorrere di testo, come in una titolatrice. Un tempo utilizzato da alcune agenzie di stampa sulle onde corte, ora è dominio quasi esclusivo dei radioamatori, anche sui 137 kHz. In alcuni casi i software catalogati da Versteeg servono per decodificare le trasmissioni utilitarie, civili e militari, non radioamatoriali, sebbene in questo campo si stiano diffondendo tecniche di modulazione e codifica commerciali proprietarie, che richiedono programmi o hardware specifici. Il discorso, come avrete capito, non può esaurirsi qui.

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