21 dicembre 2006

Due nostalgiche bufale dalle onde lunghe


In Europa ci sono due broadcaster internazionali che non solo operano esclusivamente su Web (il che sarebbe anche normale), ma che perfino su Web operano solo a parole, senza trasmettere un alcunché. Sono due progetti di stazioni annunciate, entrambi caratterizzati da una marcata propensione alla nostalgia, anzi, all'antiquariato radiofonico, ma mascherati con qualche orpello modernista. Nella fattispecie, ovviamente, il mantra utilizzato è la radio digitale in modulazione di ampiezza. Il discorso è il solito: le onde medie e lunghe contengono ancora un potenziale straordinario perché stanno per diventare digitali, basta poco per cogliere tutte le opportunità di questa corsa all'oro mediatica. Conoscevo e ho citato qualche volta qui su Radiopassioni il progetto relativo al trasmettitore a onde lunghe sull'Isola di Man, la Isle of Man International Broadcasting plc. Una emittente più che virtuale che da anni continua a sostenere di essere pronta a partire con i test. Finora non è successo nulla. Le ultime notizie (9 novembre) dicono che anche gli ultimi problemi di antenna (vogliono dire: gli ultimi ultimi problemi, la lista dei problemi avuti in passato è infinita) sono stati risolti e che le trasmissioni partiranno "all'inizio del 2007".
Cominciavo a pensare che IOMIB fosse un caso isolato quando dal British DX Club arriva la notizia di una seconda, futura (?) emittente europea sulle onde lunghe, la norvegese Northern Star International Broadcasters AS, fondata nel 1999 e da allora impegnata in misteriose attività di lobbying per la riattivazione della frequenza dei 216 kHz in onde lunghe, smantellati più di dieci anni fa. Secondo la brillante idea dei fondatori di Northern Star, il gestore degli impianti trasmissivi (Norkring, gruppo Telenor, l'omologa della nostra Raiway) doveva riattivare i 216 per consentire la trasmissione di programmi, anche digitali (ça va sans dire), per tutta l'area del Nord Europa. Nel 2003 Northern si accorge che Norkring non ha nessuna voglia di rimettere in piedi una infrastruttura che assorbe, chessò 500 kW (sparo a caso) di potenza solo per farsi ascoltare da quattro nostalgici di Radio Caroline. E adotta una "strategia" più flessibile, puntando nientepopodimenoche a ottenere una licenza di trasmissione dall'impianto di 1314 kHz che la radio norvegese ha puntualmente abbandonato quest'anno.
Del 12 dicembre l'ultimo, quasi esilarante, comunicato. Sapete che c'è? Per i 1314 kHz Norkring vuole troppi soldi! Così, oltre ai 216 kHz adesso sono in standby anche i 1314 mentre Northern Star ha deciso di diventare Radio Norway International e si dice disposta a prendere in considerazione le offerte di impianti dalle nazioni vicine e su ogni genere di frequenze, non più solo in onde lunghe e in onde medie. Mi direte: che male c'è in un gruppo di innocenti vecchietti che pensano di rinversire l'industria della radio trasmettendo le canzoni dei loro vent'anni? Se sei un vero appassionato di radio dovresti applaudire davanti a queste iniziative! La mia risposta è: certo, sono avventure nostalgiche e innocenti che dovrebbero far piacere, ma vengono presentate come se avessero un potenziale di business da svariati miliardi. Non è così, oggi non si può pensare di fare soldi utilizzando frequenze radiofoniche di cui nessuno sospetta più nemmeno l'esistenza. Se vuoi fare soldi con l'antiquariato devi dirlo e metterti in quell'ottica, non arrampicarti sugli specchi per le allodole dei "futuri" sistemi di radio digitale. Se tutte le nazioni d'Europa si stanno affrettando a spegnere le frequenze che i loro servizi pubblici avevano cominciato a usare nel 1935 ci sarà pure un motivo. Disporre di un impianto in grado di coprire bacini di utenza molto estesi non implica automaticamente il fatto di avere qualcosa di dire a tanti ascoltatori.
Il sito di Northern Star contiene pagine e pagine di studi tecnici sulla fantastica copertura del segnale in onde lunghe e sulle incredibili opportunità del digitale (quali?). Ma non trovo una sola riga che discuta del problema delle emissioni di carbonio legate alla produzione dell'energia necessaria per alimentare un'antenna da 1,2 Megawatt. Visto che non si può *veramente* essere così sprovveduti, devo concludere che quelle norvegese e dell'isola di Man sono due delle tante bufale online di cui gli appassionati del genere continueranno a discutere. Magari un po' truccate da sogni nel cassetto di imprenditori radiofonici con un occhio a un passato glorioso.
In compenso, il sito ospita una fantastica sezione sulla "broadcasting heritage" con preziose testimonianze sulle radio pirate anni 60, la storia della radio in Norvegia e un sacco di altre informazioni. Da vedere.

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1 commento:

Anonimo ha detto...

Concordo, ci sarebbe da notare anche che i siti delle due presunte emittenti sono a livello amatoriale, qualcosa alla portata di qualcuno che abbia un po' di tempo libero da buttare, non certo come si converrebbe a due broadcaster internazionali impegnati in progetti cosi' "ambiziosi".
Fra licenze, impianti e contenuti dovrebbero partire con un bel po' di soldini in tasca, ma in qualche modo non sono in grado di farsi conoscere al di la' della ristretta(sigh!) cerchia dei DXers?