01 ottobre 2007

La politica del silenzio

Il comunicato dal sindacato Libersind che ho ricevuto contiene una piccola rassegna stampa con le reazioni alla chiusura delle trasmissioni in onde corte di Rai International (a proposito, Andrea Borgnino ha catturato qui insieme alle fotografie, come questa che vedete, dell'ormai smantellando impianto di Prato Smeraldo, gli ultimi istanti del programma verso il Nord America di stanotte). Non è che ci sia molta roba, poche testate nazionali hanno ripreso l'argomento e francamente, se a protestare sono Radiopassioni e Italradio, non credo si riuscirà a cambiare la situazione. Forse dovrebbe protestare la CEI.
Un intervento su News Italia Press, agenzia di stampa specializzata in "italicità" nel mondo, rivela l'esistenza di una lettera aperta firmata da una parte del personale precario che lavorava alla traduzione dei notiziari. La lettera riferisce che come paventato anche i notiziari in lingua estera diffusi durante il Notturno Italiano vengono senza tanti complimenti "segati".

A seguito della chiusura dei servizi in onde corte, infatti, sono stati tagliati oltre trenta posti di lavoro relativi ai servizi di traduzione e annuncio delle notizie: "tali posti erano occupati da precari – tutti stranieri, per lo più donne – alcuni dei quali in una simile situazione da oltre dieci anni, e ciò senza la minima preoccupazione per una loro possibile riallocazione. L'ultima beffa è che la Rai ha colto l'occasione dello smantellamento delle onde corte per eliminare da un giorno all'altro – la notizia è circolata per la prima volta la notte del 26 settembre, con effetti decorrenti dal 1° ottobre – anche tutti i lavoratori precari prestanti servizio di traduzione e annuncio nella trasmissione a onde medie 'Notturno Italiano', uno dei programmi della radio più seguiti in assoluto, con un notiziario in inglese, francese e tedesco al suo interno".


Per quanto poco sia il rumore creato da una decisione che - forse è opportuno ribadirlo - parte da lontano (le onde corte RAI sono in bilico da anni, noi ascoltatori "specializzati" lo sappiamo benissimo) e rientra in un trend molto generalizzato di riduzione delle risorse economiche, umane e tecniche su questo medium, la discussione si è aperta. E devo dire che non è sempre molto incoraggiante. Si parla di nazionalismi, di orgoglio, italianità, termini che, scusate, a me non piacciono troppo. Le onde corte non sono l'occasione per l'ennesima gara a chi ha il segnale più lungo. Sono un mezzo molto efficace per distribuire buon giornalismo e informazione di servizio. Per come venivano realizzati i programmi di Rai International nelle ultime decadi, lo spegnimento è una soluzione perfetta. L'offerta, in lingua italiana e estera, faceva sinceramente pena, molto meglio il silenzio.
Posto tuttavia che il servizio proposto finora non aveva il minimo senso e anzi poteva addirittura nuocere alla nostra immagine all'estero, sarebbe opportuno interrogarsi più in generale su quali possano essere, per una nazione moderna e ben inserita nel contesto politico ed economico internazionale, le ragioni di un valido canale informativo in lingua straniera. Se si vuole si può anche affrontare la questione "stralciandola" dalla posizione processuale delle onde corte.
Chi mi legge su questa URL - e sono quasi due anni - la conclusione la sa già. Una nazione industrialmente e economicamente evoluta, custode (a volte sembra suo malgrado) di una fetta cospicua del patrimonio culturale umano, non può certo permettersi il lusso dell'isolamento. E oggi le relazioni internazionali, la politica internazionale, una parte importante del sistema scolastico e tutto il sistema economico, si fanno producendo e ricevendo informazioni. Poi c'è il lato umanitario, per una nazione sempre pronta a presenziare i luoghi di crisi con le sue (costose) forze armate. Ci sono i rapporti, sempre più complessi, con le comunità straniere, quelle in cui gli italiani si trovano a lavorare, quelle che si trovano a lavorare qui in Italia. Tutte considerazioni che spingono i grandi Stati Uniti e la piccola Olanda a moltiplicare, anche attraverso le onde corte, gli sforzi per farsi sentire, per far valere le proprie opinioni su quello che succede nel mondo, per offrire una alternativa affidabile a coloro, centinaia di milioni di persone nel mondo, che voce e opinioni non ne hanno. Se una nazione e il suo governo queste considerazioni non riescono a farle, c'è qualcosa che non va. Lo vediamo in Birmania che cosa succede quando si sceglie la politica del silenzio.

1 commento:

Unknown ha detto...

Dico che hai scritto quello che (assai più sconfusionatamente) penso pure io.
Ciao
Giamp