07 settembre 2008

La giusta battaglia di A. L. e C.

Alten werden. Diventare vecchi. E' una cosa che facciamo quasi tutti. Qualcuno però si deve impegnare più degli altri perché "in quel preciso momento", come scriveva Dino, un mucchietto di cellule incattivite gli mette un ostacolo sulla via principale e loro, volenti o nolenti, sono costretti a prendere una deviazione tortuosa, aspra, dolorosa. Uno di quei sentieracci di montagna stretti, pieni di sassi e neve ghiacciata, con il sole andato giù da un pezzo, che non se ne vede mai la fine. E che per colmo di misura li faranno sentire dannatamenti soli, visto che tutti gli altri arrancano, sempre a fatica ma a cuore infinitamente più leggero, giù a valle, sulla strada principale.
Ci sono tre amici adesso, su quel sentiero. Ce ne sono sempre, accidenti a chi volete voi. C'è chi è francesista; e lavora per una biblioteca della più bella lingua del mondo. Chi è tuo collega; e la penna la regge con molto più stile. Chi fa grafica editoriale; e disegna fumetti un po' pazzi. Qualcuno mi leggerà, forse. Qualcuno no. Questo piccolo post è per loro, persone bellissime, con figli stupendi che hanno tanta strada davanti e due stelle nelle orbite per contemplarla tutta.
E dico io - ci fosse una sola volta. Una singola, porca, fottutissima volta che in quella inutile montagna di libri letti, di poesie in musica, di Bibbie, parabole e sermoni, tu riesca a trovare uno straccio di cosa giusta da dire, una carezza da dare, una parola da biascicare che per un secondo non ti faccia provare vergogna peggio di un ladro in chiesa. Vergogna doppia, doppissima, perché nel momento esatto in cui la provi sai anche di essere un bastardo egocentrico, chiuso nel caldo della tua casa a commuoverti sugli ex ergo di Primo Levi, sulle battaglie combattute da altri, senza mai, neppure per un minuto, smettere di pensare - in fondo in fondo - che al centro di tutto c'è sempre il tuo proprio, riveritissimo deretano e l'immunità dello stesso dai guai e le tragedie del mondo.
Hai un bel dire che queste deviazioni finiscono spesso per condurci verso quote più alte, ci fanno diventare "superiori". Come quegli eroi di guerra sfruttati dalla retorica di un potere che se ne resta ben lontano dal fronte. Gli eroi che a medaglie e monumenti rinuncerebbero molto volentieri se qualcuno, al loro posto, non avesse deciso di dichiarare l'ennesima stupida guerra.
Ma questa volta no. Terminate le giuste battaglie non ci saranno né medaglie né monumenti. Perché alla fine dell'inaspettata deviazione, rimossi tutti gli ostacoli, A. e L. e C., e tanti altri prima e dopo di loro, continueranno il loro cammino senza guardarsi indietro, come hanno sempre fatto e faranno per tutto il tempo che è scritto. E sorrideranno senza sforzarsi come succede - e ti senti anche peggio - adesso.
E quando alla sera si riposeranno, o leggeranno Valéry, o disegneranno i loro strani personaggi, o ascolteranno alla radio quei segnali lontani, saranno finalmente soli: soli con i loro amori e i loro figli, non in compagnia dei peggiori fantasmi. E tu che non c'entri per niente, che non sei mai stato nemmeno una comparsa in queste brutte storie, cercherai (senza riuscirci, come al solito) di ricavarne almeno un piccolo insegnamento per la tua vita di viandante, egoista e rapace.

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