28 novembre 2009

La radio in negozio paga il biglietto per la musica?

Sono a Torino per assistere alla conferenza del centro del Politecnico torinese NEXA su "Internet & Società 2009". I temi forti affrontati in questa edizione riguardano contenuti e licenze Creative Commons, open access, copy left… E mentre posto sul blog mi contatta Andrea Borgnino per segnalarmi che i consorzi dei fonografici italiani stanno inviando raffiche di lettere agli esercenti di bar e altri locali pubblici per chiedere il pagamento di un fee sui diritti per la musica trasmessa da radio accese e impianti di diffusione sonora. Sto scrivendo per CorrierEconomia proprio a questo proposito e sto parlando con i titolari dei diritti digitali. (tra parentesi: SCF, il consorzio di aziende fonografiche citato nell'articolo estratto da Repubblica di oggi, ha pubblicato il suo annuale rapporto sul mercato della musica in Italia, vi riferirò). Parlando con i rappresentanti dei titolari di diritti d'autore rilevo molta ragionevolezza e apertura, ma credo che di queste cose si debba ancora discutere, e molto, per raggiungere soluzioni di compromesso ed equità che tengano conto delle ragioni degli autori/esecutori in un'epoca in cui il frutto del loro lavoro non si può più confinare così facilmente.

Esercenti in rivolta: "ci chiedono di versare altri diritti oltre a quelli Siae" Cifre riscosse dal consorzio dei fonografici Scf in base all'articolo di una legge del 1941

Radio accesa nei bar e negozi i discografici presentano il conto
di PAOLA COPPOLA

ROMA - Basta avere una radio, un lettore cd o una tv e, naturalmente, tenerli accesi. Che faccia da sottofondo in un negozio, siano note soft in un ristorante, una compilation "sparata" dal parrucchiere o in un bar, e persino un disco messo su in parrocchia: tutto questo ha un costo, come per la musica in discoteca.
Rivendicato in migliaia di lettere che stanno arrivano agli interessati. I gestori di pubblici esercizi, negozianti e artigiani sono infuriati: fanno fatica a capire perché, se c'è il diritto d'autore corrisposto alla Siae, per l'utilizzo in pubblico di musica registrata si debba versare un altro compenso che va nelle casse delle case discografiche.
Non si tratta di una truffa ma dei diritti (connessi a quelli d'autore) previsti da un articolo di una legge del 1941. Sì, una legge del secolo scorso. Cifre comprese tra 70 e 600 euro in base all'ampiezza del locale, riscosse dal consorzio dei fonografici Scf, che riunisce le case discografiche e tutela oltre 300 imprese. C'è chi si adegua e paga, anche perché diverse associazioni di categoria hanno stretto accordi con Scf ottenendo sconti (tra gli altri Federdistribuzione, Confcommercio, Federmoda). E c'è chi minaccia di ricorrere al giudice e invita a non pagare.
(28 novembre 2009) (continua)

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