25 febbraio 2012

A 20 anni dal conflitto armato Moldavia e Transnistria cercano un accordo


Tornano a parlarsi dopo un lungo intervallo i rappresentanti della Moldavia e del territorio conteso della Transnistria, la frastagliata striscia di terra delimitata a ovest dal fiume Dnestr e a est dal confine politico tra Moldavia e Ucraina. Da vent'anni (il breve conflitto tra moldavi e ribelli filosovietici che abitavano dall'altra parte del fiume scoppia il 2 marzo del 1992 e dura fino al successivo luglio, lasciando sul campo qualcosa tra i 600 e i 1200 morti tra i militari e un migliaio tra i civili) nella piccola nazione de facto con capitale Tiraspol, un anacronistico regime nostalgico impone la sua ferrea regola contro le libertà civili, inclusa quella di informazione, e chiude due occhi sui traffici di fosca natura che ci aspettiamo tutti da uno Stato fermo, nella lettura della storia, più o meno al patto tra Stalin e Von Ribbentrop. Per Tiraspol transitano armi, forse scorie nucleari, fiumi di denaro riciclato.
Martedì 28 febbraio, a Dublino, sotto gli auspici dell'OSCE, l'organismo per la sicurezza e la cooperazione in Europa (in questo momento sotto una presidenza irlandese), si siederanno al tavolo dei colloqui "5+2" gli emissari di Chisinau e Tiraspol, insieme a ucraini, russi, funzionari dell'OSCE guidati da Erwan Fouéré (diplomatico irlandese esperto di balcani) e rappresentanti dell'Unione europea e degli Stati Uniti, le due entità geopolitiche che si sono aggiunte alle lunghe trattative per la risoluzione di un conflitto che ha creato centomila profughi e circa mezzo milione di senza patria. La Transnistria fa parte di quel gruppetto di territori ex sovietici che non riescono a trovare una loro collocazione. Non a caso viene "riconosciuta" solo da Abkhazia, Nagorno-Kharabakh e Ossezia del Sud, terre di confine per cui la guerra non cessa mai, anche se non esistono seri motivi economici per cui battersi, e insieme alle quali la Transnistria ha costituito una sorta di club, la Comunità per la democrazia e i diritti delle Nazioni (se Bossi mi legge vorrà entrarci).
Questa volta il dialogo tra le parti ha luogo sotto auspici abbastanza buoni. In Transnistria ci sono state a dicembre delle elezioni presidenziali e il tiranno Igor Smirnof è stato sostituito da Yevgheni Shevchuk. Le fonti moldave affermano che si è trattato soltanto di un avvicendamento voluto da Mosca, ma la figura di Shevchuk è quella che più di tutte somiglia a un potenziale riformatore. Giovane, sicuramente più aperto di Smirnov, ha già portato a segni di indubbio dinamismo. Moldavia e Transnistria hanno per esempio deciso di ripristinare i collegamenti ferroviari, presto riallacceranno quelli telefonici diretti. E l'OSCE ha invitato entrambi a ricordare congiuntamente il prossimo anniversario del 2 marzo.
Non tutti i problemi sono stati risolti. Grigori Volovoi, giornalista di DnestrTV, una Web tv indipendente locale, ha pubblicato un bellissimo video che lo riprende mentre è alle prese con i miliziani che volevano impedirgli di svolgere il suo mestiere dalle ridenti strade di Tiraspol, come al solito, come da secoli su quelle fredde rive.
A essere cambiata, in questi giorni, è anche la frequenza utilizzata nella griglia di programmazione di Radio Pridnestrovye, che ogni giorno dal lunedì al venerdì trasmette due cicli di quattro trasmissioni di mezz'ora in francese, tedesco, russo e inglese, alle 17 e alle 19 UTC (le 18 e le 20 da noi). Alle 21 UTC dal lunedì al venerdì le trasmissioni sono in francese e tedesco, e dalle 22 alle 23 UTC dalla domenica al giovedì di nuovo in russo e in inglese. La frequenza è una sola, i 7290 kHz dall'impianto moldavo di Grigoriopol. Da anni, Radio "PMR" è l'unica voce da un recondito angolo di un'Europa orientale che ancora non riesce a esorcizzare tutti i fantasmi del suo passato.

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