13 dicembre 2012

Last.fm sopprime quasi ovunque i "canali radiofonici". Restano - a pagamento - solo in 8 nazioni

Cambiamento di policy in casa Last.fm, che sopprime per la stragrande maggioranza delle Nazioni del mondo, Italia inclusa, la funzione dei canali in streaming personalizzati, le cosiddette "radio stations" finora riservate solo agli abbonati (gratuitamente in USA, UK e Germania). A partire dal prossimo 15 gennaio 2013, anche gli utenti in queste tre nazioni dovranno pagare 3 dollari al mese per accedere alle stazioni radio, mentre la feature dei contenuti in streaming resterà accessibile (sempre a pagamento) in Canada, Irlanda, Brasile, Australia e Nuova Zelanda). In tutti gli altri Paesi, tra cui appunto l'Italia, i "canali radiofonici" di Last.fm spariranno. Per gli utenti paganti italiani resta una formula di abbonamento a 3 euro al mese che consente di accedere ai servizi di "music discovery" in una modalità preferenziale. In pratica l'esplorazione dei vari generi musicali con i suggerimenti su nuovi autori non prevede l'ascolto di annunci pubblicitari. In più l'abbonato dispone di amenities come la visualizazzione dei visitatori del profilo personale e l'accesso a un'area "vip" con classifiche e grafici esclusivi e altre novità dai Last.fm Labs. Elena Brescacin, che ringrazio per avermi segnalato una notizia che sta passando un po' sotto silenzio - mi fa capire che 36 euro all'anno per tutto questo sono una somma spropositata e in effetti non posso darle torto. Chiaramente i nodi della musica legale in streaming stanno venendo al pettine: il sistema delle royalties rende insostenibili anche i servizi a pagamento, almeno ai livelli di prezzo molto contenuti che caratterizzano le offerte attuali. C'è veramente da chiedersi che cosa abbiano in mente le case discografiche e i titolari dei diritti che si ostinano a rendere difficilissima (o salatissima) la vita di chi non vuole ricorrere a mezzi illegali ma non può essere costretta a sborsare somme spropositate per consumi musicali che sono comunque imponenti. Ha senso continuare a trattare la musica digitale come se fosse cocaina?

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