17 novembre 2013

Radioascolto e associazionismo, una polemica che fa pensare

Quella che segue è la lettera (ho omesso di pubblicare in esteso i nomi, a eccezione di quello del firmatario perché sono estraneo all'associazione e alla vicenda) con cui il presidente onorario dell'Associazione Italiana  Radioascolto annuncia le sue dimissioni dal sodalizio che più di trenta anni fa aveva fondato insieme ad altri colleghi appassionati. In tutto questo tempo alla guida operativa dell'associazione si sono succeduti diversi responsabili, persone di lunga militanza nell'hobby, amici e conoscenti che frequento o di cui ho sentito parlare da una vita. Negli ultimi anni, complice la grande crisi vocazionale di un hobby che ha cambiato radicalmente faccia, per il venir meno delle condizioni al contorno che lo avevano reso molto popolare tra anni '60 e '80, la direzione strategica dell'AIR è stata assunta da altri, che hanno deciso di cambiare molte cose. Una di queste è stato l'abbandono di una pubblicazione cartacea a favore di una pubblicazione in PDF e lo spostamento del grosso dello scambio di notizie sugli spazi virtuali di Internet.  Si è trattato di trasformazioni doverose, ma eseguite in modo molto sbrigativo, portate avanti da persone estranee sia alla storia dell'Associazione, sia alla "cultura" dell'hobby che è andata sedimentandosi nel corso del tempo. Il firmatario di questa lettera di dimissioni, Manfredi Vinassa de Regny, un operatore pubblicitario di lunga esperienza, ha voluto anche stigmatizzare una serie di atteggiamenti della dirigenza che hanno reso molto pesante il clima interno all'AIR, un clima che secondo Manfredi e diversi altri soci, rende la discussione difficile se non addirittura sgradita. Si parla di messaggi censurati sulla mailing list sociale, di membri messi in moderazione, di risposte vaghe e arroganti silenzi. Fino all'episodio più spiacevole, una richiesta di arbitrato (regolarmente contemplato dallo statuto), in relazione a un messaggio che non era stato fatto passare in lista e un esito di giudizio che viene bellamente ignorato.
Sono retroscena che mettono tristezza e rendono ancora più penoso ripensare ai tempi in cui il "radioascolto" era un'attività incredibilmente variegata e premiante. Nella prima metà degli anni 70, quando a causa di un trasloco mi ritrovai nella mia ampia camera di figlio unico l'ingombrante radiogiradischi di famiglia - un baraccone dopoguerra della Blaupunkt - le voci e i suoni che gracchiavano dall'altoparlante sintonizzato sulle onde corte mi attirarono subito. Non molto tempo dopo quel trasloco trovai in una libreria di Milano una copia del World Radio & TV Handbook del 1974 e il dettagliato elenco di stazioni e frequenze ben ordinato per continente e nazione determinò un contagio immediato e definitivo. Erano anni culturalmente diversissimi, la nostra relazione con il mondo passava per le scarne pagine estere dei quotidiani (sono scarne anche oggi, figuriamoci allora) e per le notizie di telegiornali tristissimi, fatti di tante parole, fotografie sullo sfondo e qualche raro filmato di repertorio o reportage. Nella sua capacità di riversare volumi impensabili dei contenuti più disparati, le onde corte sembravano un mezzo magico, quasi miracoloso. Tanto che in seguito l'avvento di Internet non fu poi così sconvolgente per molti di noi. Insieme alla scoperta della radio a lunga distanza ricordo che per me ce ne fu un'altra: le tante persone che condividevano la stessa passione. A parte forse quelli che appartenendo anche alla famiglia dei radioamatori potevano scambiarsi notizie e impressioni direttamente via radio, per chi come me ascoltava soltanto non c'era altro modo di entrare in contatto con i colleghi se non francobolli e buste. Tutto quello che ascoltavamo veniva puntualmente registrato su un diario e quei diari servivano per segnalare agli altri le novità più interessanti, con le lettere e le occasionali telefonate di un'epoca in cui la teleselezione costava cara.
Come per ogni altro hobby o attività ludica o professionale, anche la radio aveva le sue brave forme di aggregazione. I club di "radioascolto" avevano una funzione importante nella condivisione della conoscenza radiofonica e nella disseminazione delle notizie sulle emittenti che si potevano ascoltare nei vari periodi dell'anno, in base alla spiccata stagionalità e ciclicità della propagazione. Spesso i gruppi di appassionati producevano pubblicazioni regolari, che potevano essere un semplice foglio ciclostilato o una più strutturata "fanzine". E in genere a livello nazionale venivano costituite federazioni di gruppi o associazioni di gruppi, capaci di raggiungere con i loro iscritti una buona massa critica e produrre attività divulgative, convegni, pubblicazioni semiprofessionali. Anche il radioascolto italiano si dotò delle sue associazioni locali e di organizzazioni che potessero intervenire a livello nazionale. In effetti continua ancora ad averne una fondata appunto una trentina d'anni fa con il nome non troppo fantasioso di "Associazione Italiana Radioascolto": una entità costituita nei primi anni '80 in sostituzione di altre che erano naufragate anche a causa, indovinate un po', della marcata litigiosità dei loro soci.
Oggi la ragion d'essere di quelle organizzazioni è venuta sostanzialmente meno. Internet e i social network sono tutto il collante che serve per mantenere un continuo contatto tra gli appassionati di radio. Il carattere ormai iperspecializzato dell'hobby e la totale mancanza di ricambio generazionale sono due fattori che hanno vanificato il ruolo delle associazioni nelle attività di promozione e divulgazione. L'attuale attivismo radiofonico riguarda quasi esclusivamente persone molto esperte, le discussioni sono tecniche e interdisciplinari, avvengono su mezzi che rifuggono a ogni forma di controllo centralizzato. In questo Internet e la radio si somigliano, quando sono costrette a seguire copioni troppo rigidi avvizziscono, diventano noiose.  In uno scenario di generale calo di interesse, è difficile accettare che una entità storica e aperta come l'AIR debba affrontare il necessario cambiamento con uno stile molto poco "social" che ricorda piuttosto le infinite beghe tra le sottocorrenti di un partito minoritario e sembra ispirato a una controproducente volontà di rottamazione. Non dico che associazioni come l'AIR non possano più avere una funzione, ma in questo modo tutta la positiva discussione sulle tematiche che pure potrebbero ancora interessare un numero non trascurabile di hobbysti, finisce per passare in secondo piano rispetto a una conduzione autoritaria (e per questo anacronistica) che soffocando il dibattito rischia solo di abbattere il livello qualitativo di ciò che rimane. La "macchina" sembra funzionare bene, ma la calma finisce per diventare noia.
Ma forse è tutto nella natura delle cose quando le trasformazioni necessarie e gli sviluppi futuri vengono travisati perché non si ha un'idea precisa di che cosa ci fosse prima.
Cari Amici, cari soci e simpatizzanti appassionati della radio. Pensate, sono già passati ben 30 anni da quando abbiamo fondato l'AIR !Intanto vorrei fa­rvi avere un cordiale saluto e un ben ritrovati a tutti voi.Mi sembra ieri, quando, con difficoltà e con molto impegno, abbiamo affrontato l'avventura della fondazione dell'AIR: è difficile immaginare quanti mezzi, tempo e risorse abbiamo messo in questa impresa! Convinti di stare facendo qualcosa di utile e necessario, in collaborazione con tanti amici, tutti accomunati da questa passione per la radio.
Difficile immaginare, allora, che alcuni di loro ci avrebbero lasciati tanto prematuramente, lasciando in noi una vena di tristezza, ma rafforzando però il desiderio di proseguire il loro gusto per l’'hobby del radioascolto e, perché no, per l'’Associazione.C’è voluto quindi tanto impegno ed è stato bello, percorrendo quella strada, avere incontrato e conosciuto tanti nuovi amici e  colleghi, che si sono man mano associati all'AIR per condividerne le sorti e spartito con noi la comune passione per il radioascolto. Un saluto soprattutto a quelli che si sono impegnati negli anni e che si sono fatti in quattro per far progredire l’associazione: grazie a tutti, siete stati bravissimi e tutti abbiamo apprezzato la vostra collaborazione. 
Passando gli anni, si è trasformata anche la tecnologia, che si è evoluta, proponendo nuove soluzioni, sia per la gestione della nostra Rivista e sia per la pratica dell'’hobby, che si è evoluto e modificato. Forse in parte ha perso un poco del suo fascino iniziale, ma la caccia, la ricerca e l'ascolto difficile delle stazioni lontane continua a tenere in vita questa originale attività. Il nostro hobby ha saputo adeguarsi ai nuovi tempi superando gli ostacoli che si sono presentati. Lo stesso è stato per l'AIR, che, anche se con notevoli sforzi organizzativi, sta superando le novità che si sono imposte con il rinnovamento di Radiorama e delle altre pubblicazioni. 
Grazie quindi a tutti, in particolare a quelli (e sono tanti) che si sono dati da fare in tutti questi anni e in silenzio hanno lavorato, anche nell’'ombra, per una Associazione che, non pare vero, ha resistito con meritevole impegno alle novità sopraggiunte.Quindi la mia lettera vuole essere un ringraziamento in particolare per quelli che, defilati, hanno lavorato per l’'Associazione: grazie, colleghi! Però la mia lettera vuole anche essere un addio a tutti voi, a quelli che credono in una certa idea di condotta, di tolleranza e di disponibilità.  
Mi vedo costretto con questa mia a rassegnare le dimissioni da Presidente onorario dell’'AIR. Da parte mia non è più possibile continuare a fare, inutilmente, discorsi seri ed etici in un'ottica di correttezza come era sempre stato negli anni. Come parte di voi già sa, sono stato chiamato dal Tribunale di Roma a ricoprire l'incarico di Presidente di un Collegio Arbitrale per dirimere una questione richiesta da un socio dell'AIR, ai sensi del nostro Statuto, nei confronti di un altro socio. Ho presieduto quindi questo Collegio nell'’istruttoria, sentendo le tesi del socio M. che aveva chiamato in causa il Presidente dell’'Associazione, avvocato V. Abbiamo approfondito con i colleghi del Collegio arbitrale tutte le tesi, che ci hanno costretto ad una fatica improba, con un dispendio di energie e di soldi, ma con assoluta imparzialità. Quando però poi abbiamo deliberato, su indicazioni del Tribunale di Roma, di condannare e di censurare l’'operato del presidente V. nei confronti del socio  M., lo stesso Presidente ha ignorato la sentenza e il lodo del Collegio arbitrale: non lo ha neppure considerato. 
Ecco il perché delle mie dimissioni di fronte a tanta insensibilità e sicumera, per cui ho deciso che non è più il caso di continuare a convivere in un'Associazione come la nostra. Mi piange il cuore, ma il mio ruolo in questa Associazione non ha più ragione di essere. Il mio era un ruolo “ombra”, ma avendo fondato l'AIR con altri baldi e intrepidi giovani, ora, allo stato delle cose non mi sento più partecipe. Grazie della vostra attenzione e buoni ascolti. 

Manfredi Vinassa de Regny 20 novembre 2013

5 commenti:

Anonimo ha detto...

E' tristissimo dover constatare come la barbarie morale attechisca anche in attivita' che sono ludiche e/o culturali. Bravo Manfredi a lasciare le tinozze di acqua sporca a quelli che si divertono a intorbidirla.
Ex socio Air. Mauro - Spinea

Anonimo ha detto...

Sono stato anch'io (a più riprese negli anni '80 e '90) socio dell'AIR, prima di interrompere l'attività di radioascolto e la riprendessi (qualche anno fa) avvalendomi delle numerose forme di scambio e di informazione che Internet consente anche per il radioascolto (e che, inevitabilmente, finiscono per "tagliare fuori" forme associative più "stabili").

Non posso dire nulla sulle circostanze che determinano la clamorosa uscita di scena di Vinassa De Regny (di cui nulla so) ma una cosa che non ho mai capito nell'Air e nel mondo del radioascolto in genere è sempre stata la grande litigiosità all'interno dell'associazione e fra l'associazione e soggetti esterni.
Voglio dire: "ai tempi d'oro" il radioascolto italiano secondo me non arrivava nemmeno a 5000 adepti e, pur essendo una ristretta cerchia di appassionati, le divisioni sono sempre state frequenti e laceranti.

Franco Martelli (20/11/2013)

Andrea Lawendel ha detto...

Fu indubbiamente così, ma avendo vissuto abbastanza da vicino certe evoluzioni a partire dalla metà degli anni Settanta, quando il radioascolto diciamo così, "organizzato", aveva ormai alle spalle quasi dieci anni di associazionismo (mi riferisco ovviamente a un associazione specialistica, diversa da quella radioamatoriale, l'ARI, che era molto più consolidata e che tradizionalmente guardava all'ascolto puro con una certa diffidenza), posso cercare di trovare una spiegazione. Come spesso accade in queste piccole organizzazioni, la litigiosità nasce e si propaga tra i componenti più attivi, che creano e guidano le associazioni. Rapidamente l'associazione diventa una segreteria di partito con le sue correnti, si creano scissioni che da un lato minano la stessa ragion d'essere di una associazione comune, dall'altro la svuotano di contenuti. L'AIR e prima di lei quella che era stata, mi pare, la Federazione Radioascolto, ebbe per esempio una connotazione orientata agli aspetti meno tecnici dell'ascolto e non riuscì mai, in questo, a ricalcare l'impronta interdisciplinare, aperta per esempio al monitoraggio di emittenti internazionali e a quello di segnali tecnicamente più difficili da ricevere, che caratterizzò il gruppo cresciuto a fine anni Sessanta intorno a Rivista Onde Corte (a sua volta una prima evoluzione di Italian Shortwave Review). Contro l'AIR e i suoi dirigenti, lavorarono a lungo persone e piccoli gruppi locali che erano invece più favorevoli all'espressione tecnica di un hobby più diversificato di quanto potrebbe sembrare a prima vista. Non è un caso se il riavvicinamento tra queste due anime è poi avvenuto negli anni in cui l'hobby nel suo complesso entrava apertamente in crisi davanti alle tante stazioni internazionali e locali che stavano chiudendo le loro trasmissioni in onde corte. Solo allora ci furono forme di collaborazione al di là delle varie appartenenze (anche se alcuni "oppositori" dell'AIR non abbandonarono le loro posizioni critiche, incentrate su una indubbia presenza di burocrazia e formalismo fine a se stessi). La natura dell'associazione nazionale è cambiata pochi anni fa, con un avvicendamento dirigenziale accolto da molti soci con una certa perplessità. Diciamo che per tutta la sua storia l'AIR ha cercato di compensare quel peccato originale di litigiosità con l'autocensura, evitando il più possibile di dare spazio alla discussione interna. Un obiettivo a suo modo comprensibile. Questa forma di autocontrollo è stata spinta al massimo dalla dirigenza attuale e infatti la questione che ha portato alle dimissioni del presidente onorario nasce proprio da un contenzioso su alcuni messaggi giudicati eccessivamente critici e fuori tema dai moderatori di un organo importante come la mailing list ufficiale dell'AIR. Sulla censura ipotizzata da alcuni soci è stata aperta una procedura di arbitrato legale (uno strumento cui possono ricorrere le libere associazioni in Italia). Gli esiti di questo arbitrato indipendente danno torto ai dirigenti, sancendo l'esistenza di una censura contraria ai dettami dello statuto. Ma questo giudizio è stato ignorato dalla dirigenza, portando Manfredi a trarre certe conseguenze.

Anonimo ha detto...

Carissimo Andrea, intanto grazie delle informazioni che ci hai fornito e di cui , almeno io ero all'oscuro. Nei primi anni '90 sono stato socio AIR, ma poi ho subito una deriva satellitare che mi ha allontanato dalle onde corte, che ricordo sempre con affetto. Sembra incredibile, ma negli anni '70, grazie a un amico di Cagliari, ho letto addirittura Italian Shortwave Review, roba da Carbonari! Bene, il punto è solo uno: l' hobby del radioascolto è in crollo verticale come numero di appassionati, i capelli sono diventati bianchi per la maggioranza di noi e si litiga quando la fine è vecina: insomma mai come ora "i polli di Renzo" sono attuali...
Piero_53

Andrea Lawendel ha detto...

Piero ha ragione, il fattore senilità ha un inevitabile ruolo, così come la drammatica curva demografica negativa. Diciamo che sono cose che si innestano su una litigiosità di fondo che tanti e tanti anni fa era "giovanile". Invece di diventare vecchi saggi, siamo diventati vecchi brontoloni, tipo Matthau e Lemon in quei loro ultimi film insieme.